Noism 0 Noism 1 円環 – 決別のジレンマ|チコーニャ・クリスチアン
Noism設立20周年公演
「踊り紡がれる記憶の環 振付家2人の新作とNoismレパートリーのトリプルビル」→Italian
2025年2月1日 滋賀県立芸術劇場びわ湖ホール 中ホール
2025/2/1 Biwako Hall, Center for the Performing Arts, Shiga
Reviewed by Cristian Cicogna
写真提供:Joseph Marčinský (撮影日:新潟公演2024/12/13・14・15)
第一部
Noism 0 + Noism 1
過ぎゆく時の中で
演出振付: 金森穣
出演: 金森穣
三好綾音、中尾洸太、庄島さくら、庄島すみれ、坪田光、
樋浦瞳、糸川祐希、太田菜月、兼述育見、松永樹志(準メンバー)
音楽: John Adams ≪The Chairman Dances≫
衣裳: 堂本教子、中嶋佑一
上演時間: 10’
第二部
Noism 1
にんげんしかく
演出振付: 近藤良平
出演: 三好綾音、中尾洸太、庄島さくら、庄島すみれ、坪田光、
樋浦瞳、糸川祐希、太田菜月、兼述育見、松永樹志(準メンバー)
音楽: 内橋和久 ≪Singing Daxophone≫
衣裳: アトリエ88%
上演時間: 35’
第三部
Noism 0
Suspended Garden – 宙吊りの庭
演出振付: 金森穣
出演: 井関佐和子、山田勇気、宮河愛一郎、中川賢
音楽: 尊室安|Tôn Thât An (トン・タッ・アン)
衣裳: 鷲尾華子
映像: 遠藤龍
上演時間: 35’
湖は、その形にかかわらず、一周すれば必ず出発点へ戻るものだ。だからこそ、『円環』という名のダンスパフォーマンスの舞台には、湖に面したホールがふさわしい。
今、私はその湖畔に立っている。真冬の午後、空模様は不穏で、冷たい風が頬を刺す。眼前には、紅緑(べにみどり)色をした琵琶湖が静かに広がっている。藍白(あいじろ)の空は密やかに湖へ流れ込む支流に見える。交差する階段が印象的な錫色のびわ湖ホールもその色褪せた風景に溶け込み、全景が失敗に終わった錬金術師の実験のようだ。
二羽の鵜が寒そうに湖面をじっと見つめ、鴨の親子の鳴き声に散歩中の犬が吠える。葉をすべて脱ぎ捨てた木々が薄霧に霞む対岸を探り、サウダージに浸っている。
「急がば回れ」という諺はこの琵琶湖に由来するらしい。語源は室町時代に詠まれた三十一文字だ。
もののふ
矢橋(やばせ)の船は
速けれど
急がば回れ
瀬田の長橋
当時、京都に向かうには草津の矢橋から大津まで船で琵琶湖を渡るのが最も早い道のりだった。しかし、比叡山から吹き下ろす強風が航路を脅かし、時に命をも危うくしたという。ゆえに、急ぐなら瀬田の長橋を通った方が安全で確実な道だったのだ。
横から差す白い明かりが、第一部の『過ぎゆく時の中で』の舞台を狭くし、真っ直ぐな通路を描いている。そこでは、異なる時間の流れが二重に重なり合い、人生そのものが姿を現し、人々の営みとして展開して行く。下手(しもて)から登場した男がスローモーションの動作で進んで行く。対照的に、次々と現れる十人の舞踊家たちは、素早い動きを見せる。白い線に沿って駆け抜け、跳び上がり、男をときに追い越し、ときに取り囲みながら、ジョン・アダムスの「The Chairman Dances」に合わせてフォックストロットを踊る。
舞台には、白と黒の鮮烈なコントラストが時の流れの違いを際立たせる。男は帽子から足元まで漆黒に包まれ、舞踊家たちもまた黒衣に身を包む。だがその裸の四肢は白く輝く。
並んだ五組のペアが踊る幾何学的なダンスはNoismの哲学の体現と言えるだろう。クラシック・バレエで身につけた完璧なボディーコントロールに、迫力のある動きと優雅なスパイラルの絶妙な調和。その美しさに、ただ、いつまでも踊り続けてほしいと思ってしまう。
せわしなく動き回る舞踊家たちが荒れた琵琶湖の風波にもまれながら進む武士たちを想起させる。それに対し、光の長橋を誰にも邪魔されずに渡って行く無表情の男。「急がば回れ」と呟いているかもしれない。
次第に舞台が大きな時計に見えて来た。男が時針で、舞踊家たちが秒針だ。壮大な音楽がお伽話のような雰囲気を作り、横笛やホーン、それにピアノの執拗なリズムが早い動きを煽り立てる。輪となった舞踊家たちが男を囲み、時計の歯車のように前後にぎくしゃくと回る。
しかし、時(人生)が過ぎてゆくにつれ、男が体験した事は記憶に変わって行く。そして、別れの時が来る。心に刻まれるものもあれば、忘却の井戸に落ちてしまうものもある。男が眺める背景の幕には、舞踊家たちが水銀の影絵のように映る。男は、走って去り、やがて消えてゆく儚い影に大きく手を振る。そして、闇に呑み込まれる。
悲痛な別れの瞬間を引き延ばす努力。その傷を癒そうとする試み。この発想が三つの部分を繋ぐ共通点だと感じた。
第二部の『にんげんしかく』は大きなアンサンブルパフォーマンスでありながら、Noismに珍しく、純粋な演芸の要素を色濃く持つ作品だ。
私は不条理演劇を代表するウジェーヌ・イヨネスコの『椅子』を思い出したが、ここは椅子の代わりに沢山の段ボールが舞台に置かれている。箱の使い方が巧妙で、観客の注目を引き付ける。箱は様々な役割を果たす。滑稽なキャラクター、アニメの世界から現れた可愛らしい小鬼、または虚構の言葉を話す宇宙人が生まれてくる繭(まゆ)ともなる。そして、全員で演奏する和太鼓から、ゲームの代償のようにぶら下がるハートを獲得するためのエスカレーター、破壊されるバリケードまで。
ダクソフォンの風変わりなリズムを加えたジェームス・ブラウンの「I got you」やルー・リードの「ワイルド・サイドを歩け」が鳴り響く中で、舞踊家たちが組み合わせのちぐはぐな衣装で個性を発揮させ、サーカスのピエロや軽業師のように舞台を散らかす。
第二次世界大戦中にナチスやファシストの支配に抵抗したイタリアのパルチザンたちが歌っていた歌曲「Bella ciao」もアレンジされていて驚いた。
終盤は、胸を打つ別れの場面。宇宙人は一人ずつ手を大きく振りながら、静かに自分の箱(宇宙船?)に乗って消える。観客に背を向けて見送る一人だけが「さようなら」と大きな声で言う。地球の言葉を覚えたのか、その暇乞(いとまご)いの言葉を何度も繰り返す。ルイ・アームストロングの「この素晴らしき世界」の旋律が見る者の悲しみを深める。
舞台は、ありきたりの箱が散らばる最初の状態に戻った。円環。
つまり去ろうとする人(あるいは、愛)を引き留めるべきなのか。それとも、静かに背中を見送り、その後ろ姿を胸に刻むべきなのか。
『Suspended Garden – 宙吊りの庭』に立つ四人の舞踊家たちがそのジレンマを踊って示す。
庭とは、プロジェクターが天井(大きな天窓のように斜めに設置されたスクリーン)と舞台に映し出す四角いスペースで、舞踊家たちがまるで宙に浮いて踊っているように見える。
映像は上下全く同じで、アップで撮られたポピー、月面、干魃でひび割れた沼地、落ち葉の絨毯、石畳の細道、滴る雫が水面に描く同心円など。一コマずつの映像が長く続き、変色し、ゆっくりと流れるため、宙吊りの庭が見えない軸を中心に回転しているような印象を与える。これもまた、円環だろうか。
衣装はプレタポルテのファッションショーを思わせるほどおしゃれだ。男性のゆったりしたスーツはレトロな雰囲気をかもし出す。白いスーツは穏やかな海の砂浜で折々にはためく旗を、黒橡(くろつるばみ)と栗皮色(くりかわいろ)のスーツは常歩(なみあし)で牧場を回る二頭の馬を連想させる。井関佐和子がまとうドレスは闘牛士が振り回すムレータのように挑発的な深紅(しんく)だが、上品で照明に光り輝く。
哀愁漂う尊室安(トン・タッ・アン)の音楽に合わせ、しなやかな舞を披露する四人の洗練された動きには余計なものが何一つなく、溜息が洩れそうなくらい美しい。
しかし、この舞台の真の主役は庭の中央に佇む、頭のないマネキンだ。蘭茶色の高雅なワンピースを着ていて、圧倒的な存在感を示している。生きているように見え、それぞれの舞踊家に、または全員に抱かれて踊らされる。
このマネキンには不思議な力がある。ピノッキオのように魔法のお陰で人形が本物の子供に変わる話と違うけれど。マネキンと一緒に踊ると、身体が固まり、全く動けなくなる。そして、マネキンと同様振り回されたり、隅に置き去りになったりする。しばらくすると、踊る相手の温もりが伝わってくるかのように、人間に戻るが、今度はその相手がマネキンになってしまう。宙吊りの庭に吹くそよ風と共にピアノ、弦楽器、風鈴、自然のささやきが聞こえてくる。その中で強張った身体が紡錘(つむ)のように転がって行く。
舞踊家たちがマネキンのワンピースを脱がせ、裏返しのまま身に着け踊り、そしてまたマネキンに着せる場面もある。移り気な心を表しているのだろうか。
ミラン・クンデラは言う。人々の時間は円環ではなく、一直線に早く進行するのだ。したがって、人々は幸せでいられない。なぜなら、幸せというのは繰り返しを求めることなのだから。
『円環』はこの理論を決して打ち壊さない。
舞台の庭はひっそりとしている。音楽の名残を追い掛けるように、舞踊家たちが急ぎ足で四方に消えてゆく。
終演後に外に出ると、雨が降っていた。もう少し寒かったら、雪になっただろうに。人生の舞台で別れの場面なら、雪より、雨の方が似合う。琵琶湖はもう、夜と溶け合い、形を失った感覚に過ぎない。
長い帰り道が待っている。急がば回れ。
(2025/3/15)
Noism: Cerchi – Il dilemma dell’addio
Parte prima
Noism 0 + Noism 1
Dentro il tempo che fugge
Regia e coreografia: Jo Kanamori
Danza: Jo Kanamori
Rio Miyoshi, Kota Nakao, Sakura Shojima, Sumire Shojima, Hikaru Tsubota,
Akira Hiura, Yuki Itokawa, Natsuki Ota, Ikumi Kanenobu, Tatsushi Matsunaga
Musica: John Adams, The Chairman Dances
Costumi: Kyoko Domoto, Yuichi Nakashima
Durata: 10’
Parte seconda
Noism 1
L’uomo quadrato
Regia e coreografia: Ryohei Kondo
Danza: Rio Miyoshi, Kota Nakao, Sakura Shojima, Sumire Shojima, Hikaru Tsubota,
Akira Hiura, Yuki Itokawa, Natsuki Ota, Ikumi Kanenobu, Tatsushi Matsunaga
Musica: Kazuhisa Uchihashi, Singing Daxophone
Costumi: Atelier 88%
Durata: 35’
Parte terza
Noism 0
Il giardino sospeso
Regia e coreografia: Jo Kanamori
Danza: Sawako Iseki, Yuki Yamada, Aiichiro Miyagawa, Satoshi Nakagawa
Musica: Tôn Thât An
Costumi: Washio Hanako
Immagini: Ryu Endo
Durata: 35’
Un lago, indipendentemente dalla forma, permette sempre di tornare, una volta compiuto il giro, al punto di partenza. L’idea di rappresentare uno spettacolo di danza dal titolo Cerchi in un teatro affacciato su un lago (anzi, il lago, trattandosi del Biwa, il più vasto del Giappone) mi è sembrata del tutto appropriata.
Ed eccomi qui, sulle sue rive, in un freddo pomeriggio d’inverno, sotto un cielo che preannuncia neve, il vento gelido a pungere il viso. Eppure il lago, con la sua superficie bluastra striata di venature violacee, si estende piatto e silenzioso fino all’orizzonte. Il cielo, di un azzurrognolo che sfuma nel bianco, appare come un affluente che vi si riversa placido. Il Biwako Hall, con tutto il grigio delle sue piastrelle e il cemento delle rampe di scale intrecciate su cui si regge, si fonde alla perfezione nel paesaggio stinto, e l’intero quadro ha l’aria dell’esperimento fallito di un alchimista.
Un paio di cormorani appollaiati su una ringhiera fissano infreddoliti la superficie, ai richiami di una famigliola di anatre risponde abbaiando un cane a passeggio. Gli alberi spogli cercano la riva opposta avvolta in una bigia foschia, perduti nella loro saudade.
Il modo di dire giapponese isogaba maware (‘se hai fretta, fa’ il giro’, equivalente al nostro ‘chi va piano, va sano e va lontano’) ha origine proprio dal lago Biwa. Deriva da un waka (composizione poetica simile allo haiku, ma in 31 sillabe) del periodo Muromachi (1336-1573):
Dei samurai
La barca da Yabase
È più veloce
Ma se hai fretta, gira
Per il ponte di Seta
In quell’epoca, per raggiungere Kyoto farlo via nave dal lato ovest fino a Ōtsu era il modo più rapido, ma si rischiava di incappare nelle frequenti tempeste scatenate dai venti che soffiano dal Monte Hiei. Pertanto, se nella necessità di far presto, passare a piedi il ponte arcuato di Seta (tuttora esistente) era più sicuro, dunque più veloce.
Le bianche luci laterali tracciano una specie di solco lungo tutto il palcoscenico, facendolo apparire angusto. Dentro il tempo che fugge si srotola su due binari temporali sovrapposti, su cui scorre la vita stessa, con tutti i suoi avvenimenti. Dalla quinta a sinistra compare un uomo che avanza al rallentatore, mentre poco per volta dieci ballerini entrano in scena con movimenti velocissimi. Senza mai uscire dalla traccia luminosa, corrono, saltano, superano l’uomo o lo circondano, danzando al ritmo cadenzato del foxtrot di The Chairman Dances di John Adams.
L’acceso contrasto fra bianco e nero, gli unici colori presenti sul palco, risalta il diverso fluire del tempo. L’uomo veste di nero dal cappello alla punta dei piedi, gli arti nudi dei ballerini, pur avvolti in neri costumi, risplendono nel biancore delle luci.
La geometrica coreografia delle cinque coppie allineate esprime appieno la filosofia di Noism, compagnia di danza contemporanea con base a Niigata, che con questo trittico festeggia il ventennale dalla fondazione da parte del coreografo e ballerino di statura mondiale Kanamori Jō. Il perfetto controllo del corpo, basato sui principi della danza classica, la costante armonia fra la potente dinamicità dei movimenti e la leggiadra eleganza delle spirali si fondono in performance di una bellezza visiva che non ci si stancherebbe mai di ammirare.
I ballerini in frenetico movimento mi appaiono come i samurai in balia delle onde del lago in tempesta. Al contrario, l’uomo, lo sguardo imperturbabile, procede lento senza intoppi lungo il ponte di luce. Sembra quasi sentirlo bisbigliare: isogaba maware.
Poi il palcoscenico si trasforma ai miei occhi in un grande orologio: l’uomo la lancetta delle ore, i danzatori quella dei secondi. La musica maestosa crea un’atmosfera fiabesca, flauti, corni e l’insistente ritmo del pianoforte sollecitano i corpi a un dinamismo mai scomposto. Infine l’uomo viene circondato da un cerchio umano che richiama i giochi dell’infanzia, e il cadenzato avanti-indietro dei dieci ballerini fa pensare proprio all’ingranaggio di un orologio.
Eppure il tempo (la vita) scorre e le esperienze vissute dall’uomo si trasformano in immagini da fissare nel passato. È giunto il tempo degli addii. Per alcuni ricordi che rimarranno indelebili, molti altri finiranno nel pozzo dell’oblio. L’uomo fissa lo sfondo grigio metallizzato su cui appaiono delle sagome sfumate, ombre cinesi di mercurio. Agita la mano in segno di saluto, mentre queste fuggono una a una nel nulla. La luce si attenua piano, avvolgendolo nel buio.
Lo sforzo di prolungare l’istante della separazione. Il tentativo di lenirne il dolore. È questo il punto in comune che a mio avviso lega i tre episodi di Cerchi.
L’uomo quadrato, oltre che una grande performance di gruppo, è soprattutto, cosa alquanto rara nel repertorio di Noism, un puro divertissment.
Mi ha ricordato il capolavoro di Eugène Ionesco Le sedie, diciamo una specie di versione con gli scatoloni. In realtà il loro utilizzo è geniale e tiene incollato lo sguardo del pubblico, suscitandone la curiosità. Le scatole svolgono diverse funzioni: buffi personaggi da cui escono solo i piedi, maldestri folletti da anime, o piuttosto comici extraterrestri che parlano un linguaggio inventato, ma perfettamente comprensibile grazie ai gesti volutamente esagerati. E ancora: una batteria di tamburi giapponesi, una scala mobile per raggiungere un trofeo a forma di cuore che pende dal soffitto, una barricata che alla fine viene abbattuta.
Sulle note, rese vagamente esotiche dal daxophone, di I got you di James Brown o Walk on the Wild Side di Lou Reed, i ballerini esprimono la loro unicità grazie ai costumi dagli improbabili abbinamenti di stili e colori, scorrazzando per il palcoscenico con numeri da clown o da acrobati del circo. C’è addirittura un sorprendente arraggiamento di Bella ciao!
Nel finale, la commovente scena dell’addio. I marziani, uno per volta, salgono sui loro scatoloni-astronavi. Solo uno, le spalle al pubblico, rivolge ripetutamente agli altri un sonoro e allegro sayōnara, saluto probabilmente imparato sulla Terra. La malinconica melodia di What a Wonderful World di Louis Armstrong rende la scena ancor più struggente.
Il palco, pieno di anonimi scatoloni, è tornato all’originario stato di quiete. Un altro cerchio che si chiude.
Bisognerebbe fermare la persona, l’amore che si sta allontanando? Oppure si dovrebbe guardare in silenzio la figura di spalle che se ne va, fissandola nella memoria?
I quattro ballerini ne Il Giardino sospeso danzano tale dilemma.
Il giardino in questione è lo spazio quadrato creato dalle immagini proiettate sul soffitto e sul palco, che danno l’impressione che i danzatori siano davvero sospesi nel vuoto.
Le immagini, uguali sia sopra che sotto, rappresentano via via un papavero in primo piano, la superficie lunare, un terreno crepato in seguito alla siccità, un tappeto di foglie cadute, una stradina lastricata, i cerchi concentrici provocati da una goccia che cade, geometrici arabeschi. Ogni fotogramma dura a lungo e mentre scorre cambia colore, offrendo l’illusione ottica che il giardino stia come ruotando su un asse. Di nuovo: cerchi?
I costumi sono di un’eleganza da sfilata di alta moda. I completi dei tre uomini trasudano un’atmosfera un po’ rétro. Il bianco fa pensare a una banderuola di tanto in tanto scossa dal vento in una spiaggia tranquilla. Il nero ferroso con lampi bluastri e il castano scuro a due giovani cavalli al pascolo. Iseki Sawako, cofondatrice e colonna portante di Noism, indossa un abito di un provocante rosso carminio che fa ondeggiare come la muleta di un torero, e che brilla sotto i riflettori di un’eleganza d’altri tempi.
Al ritmo vagamente melanconico della musica del compositore di origine vietnamita Tôn Thât An, i quattro danzano leggiadri, con movimenti raffinati, senza nulla di superfluo o ricercato, secondo il dogma della scuola. Una bellezza che toglie il fiato.
Tuttavia, il vero protagonista è il manichino senza testa al centro del giardino che, avvolto in un prezioso vestito ocra, sprigiona tutta la potenza della sua presenza scenica. E come se fosse animato, viene fatto danzare da uno o da tutti i ballerini.
In realtà è dotato di poteri magici, ma non si tratta affatto di una storia alla Pinocchio, dove, grazie a un incantesimo, il fantoccio si trasforma in umano. Al contrario, chi vi danza insieme, si irrigidisce e diventa un corpo inanimato. E al pari del manichino, viene portato a passi di danza o abbandonato in un angolo dello spazio delimitato dalle proiezioni. Dopo un breve intervallo, come se assorbisse il calore del corpo che lo regge, riprende le funzioni vitali, togliendole al ballerino di turno, che si ritrova trasformato a sua volta in statua. I corpi rigidi rotolano come fusi, mentre la brezza del giardino sparge le note del piano, degli archi, il tintinnio del fūrin * e i suoni della natura.
Efficacemente teatrali anche le scene in cui a turno Iseki e un ballerino indossano al rovescio il vestito sfilato dal manichino, per poi rivestirlo dopo una danza sensuale o una più energica, forse a rappresentare la volubilità dei cuori.
Dice Milan Kundera: “Il tempo umano non ruota in cerchio ma avanza veloce in linea retta. È per questo che l’uomo non può essere felice, perché la felicità è desiderio di ripetizione.”
Una teoria che Cerchi non contraddice affatto.
Il giardino sospeso si è fatto silenzioso. I ballerini, come a inseguire le ultime note della musica, si allontanano quasi correndo nelle quattro direzioni.
Fuori dal teatro, piove. Peccato che non nevichi. Anche se nella vita la pioggia è più adatta a una scena di addio. Il lago Biwa, oramai fuso con la notte, non è che un’informe sensazione.
Mi attende un lungo tragitto verso casa. Isogaba maware.
* fūrin: campanellino di vetro, che risuona al minimo soffio del vento.
(15/3/2025)