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アンドリュー・ワイエス展 ― ある屋敷に取り憑かれた画家|チコーニャ・クリスチアン

企画展「丸沼芸術の森所蔵 アンドリュー・ワイエス展 ― 追憶のオルソン・ハウス」開催
アサヒグループ大山崎山荘美術館(京都府)
2024年9月14日~12月8日
Asahi Group Oyamazaki Villa Museum of Art
2024/9/14~12/8
Italian
Text and photos by Cristian Cicogna

1939年の肌寒い季節。東海岸のメイン州。田舎ののどかな風景にぽつんと立つ一軒の屋敷が独りぼっちの兵士のように草原を監視している。貧血気味の空を駆ける青白磁の細長い雲が無限に広がる緑を微妙な色合いに染める。木造の建築物も青い影を少し不気味に反射させる。
砂利の道を進む車一台がひどく揺れ、タイヤが水溜まりを踏む度に、くぐもった音がする。若い男が屋敷から少し離れた所で車を止め、降りた。全く人気がない。一緒にいる女性は景色に魅了され、わくわくしている。
男は無名の画家だ。早速イーゼルを取り出し、ボンネットに立てたので、彼女は笑った。彼は分厚い紙に鉛筆でスケッチを描き出す。彼女は近づき、彼の耳朶にキスをすると、彼は黙ったまま微笑んだ。しかし、筆を手に取り、水彩絵の具を溶き始めると、眉をひそめ、自分の世界に浸ってしまう。彼女はその表情をよく知っているし、彼のことが好きになったきっかけの一つでもある。《オルソンの家》が完成するまで、辺りをぶらぶらしたり、車内で煙草を吸ったりして待った。
男の名はアンドリュー・ワイエス。22歳。彼女はベッツィ・マール・ジェイムズで、翌年は彼の妻となる。

20世紀アメリカン・リアリズムの画家として名高いアンドリュー・ワイエス (1917-2009)。
私の想像が描いてみたのは、ワイエスが初めてオルソン家と出会った時の様子だ。正確に言うと、私が覗いてきたのは、メイン州に別荘を持つワイエスと、同地にある築150年の古い屋敷に住むクリスティーナ・オルソンと弟アルヴァロとの出会い。
30年にわたり続いた交流は数々の作品を生み出すインスピレーションの源だった。画家の傑作とされ、高い評価を得た《クリスティーナの世界》はその一点だ。
天王山の山腹にある大山崎山荘美術館が、《クリスティーナの世界》(習作)を含むワイエスの貴重な水彩・素描コレクション約60点をこの時期に展示するのは偶然ではないと思う。紅葉を狙ったのは当然のことだ。
JR線の山崎駅の踏切を渡り、きつい坂を登って行くにつれ、しだいに建物がまばらで道幅も空も狭くなり、自然の中に包み込まれて行く。洋風の鉄門とささやかなトンネルをくぐると、思わず感動の声を漏らしてしまう。紅葉(こうよう)が主役となる舞台の前で立っているようだ。イロハモミジの葉っぱが鮮やかな一筆振るって薄曇りで鈍い色をした空に描かれているように見える。常緑樹の厳粛な雰囲気やセコイアの赤朽葉のもの淋しさや銀杏(いちょう)が放つ神秘的な光は、まるで色彩のポプリだ。雲間から顔を出した太陽に蜘蛛の巣が金糸のレースのように輝き、庭園の岩に付いた苔が翡翠に変わる。茎の曲がりくねったツワブキは金糸雀色(かなりあいろ)の花弁(はなびら)を力いっぱい広げながら、「上ばかりじゃない、こっちにも向いてよ」と負け惜しみを言っているようだ。

大山崎山荘は洋風の佇まいを残している。100年以上の歴史を持つ本館の二階から見渡せる池は紅葉(もみじ)の傘に覆われ、この世の景色ではないかのように。室内は、こぶのある黒焦げ茶色の樹幹が部屋の柱となり、白い壁にワイエスの作品が飾ってある。オルソン家にお邪魔しているような錯覚だ。
錦秋の筆が紅葉色(もみじいろ)を使い切ったかのように、赤色の絵の具が画家のパレットにはほとんどないのが最初の驚きだ。絵は大型で、縦長のものが多い。しかし、この目の細かさは何だ。
《物置のドアの前のバスケット》。物置から液体のように流れる影がバスケットに降り注ぐが、バスケットの外側は絵にない窓から入る白い光によって照らされている。そのコントラストは、フェルメールがキャンバスにかける魔法を想起させる。水彩画の表現として可能だろうか。
小さな窓の光によって露わになった納屋の天井。《オルソン家の納屋のツバメ》は写実主義の模範とすべきだ。燕の鳴き声が聞こえて来るのは言うまでもない。
薄暗い部屋の壁に立てかけられた《穀物袋》からは、中身が落ちそうに見える。
《海からの風》(習作)には、開いた窓から吹き込む風が古びた薄いカーテンを大きく揺らせ、見ている人の顔に触れてしまいそうな程リアルだ。
キャプションボードにWatercolor on paperと書いてなければ、眼の前の絵画が水彩画であることは信じがたい。タッチが極めて繊細で、同時に野原や部屋の壁または床を表す粗末な部分もあるが、不思議なことに、そのギャップが絵に絶妙なバランスを与えている。全体的な構造も巧妙だ。少し離れて見ると、一眼レフカメラで撮った写真と間違えられそうだ。

黒、濃い茶色、深緑、そして白が目立つ。紙の白よりも、象牙色に変色した白。
ブルーベリー畑を見守る《カモメの案山子》。生け贄となった鴎の残骸が棒に吊るされている。地面に向く嘴と広げた翼の先が黒で描かれており、刃(やいば)のようにこちらの目を刺す。背景の曇り空はしわまで表現された白布にしか見えない。地平線にオルソンの家の屋根がにやりと笑う。
《霧の中のオルソンの家》は絵の半分を占める野原に沈もうとしている。霧は外壁の線を消し、煙突を押しつぶし、厚板に滲みる。湿気に弱い木造建築は悲鳴を上げ、朽ちてゆく。
その暗い世界でも、突然暖かい一色が現れ、一つのディテールにスポットライトを浴びせる。
《パイ用のブルーベリー》(習作)。荒く塗られた壁を織部の釉薬が掛かった陶器と思わせるワイエスのテクニックにまた驚く。ブルーベリーが並々と入っているバスケットが半分だけ黒い影から突き出ている。盛り上がるブルーベリーは紺碧(こんぺき)の大きな染みに過ぎないが、果実に付いた白い斑点のおかげで立体感が出ている。壁からパイプが覗き、飛び出す一筋の水も見事だ。

クリスティーナとアルヴァロも画家のモデルになった。
《ブルーベリーをかき集めるアルヴァロたち》は、映画のショットのような完璧な遠近法に従う。シダや低い灌木の前景に、ブルーベリー畑の真ん中に立つアルヴァロの横顔姿はハンチングとパイプが無色の空に浮かび上がる。頭は軽く下を向いているが、彼の視線の先に収穫の手伝い人二人がいる。アルヴァロの後ろに、肩に背負った重荷の如く、切り離せない存在として、オルソンの家が見える。
アルヴァロが姉と二人で暮らす古い屋敷。その不変な関係を強調するのは《玄関に座るアルヴァロ》だ。傷んだ戸口の上り段に座り込んだアルヴァロはパイプを銜(くわ)え遠くを見ている。ブルーベリーの収穫を終えたところか、疲れたように無表情だ。手入れが行き届かず心配事が多いのだろうが、きっと無口なモデルに違いない。
絵では家の二階部分が斜めにカットされている。正面の板は細かく描かれているが、板の線が少しずつ距離を広げながら左下から右上へ逃げて行くのに、建物が歪んでいるようには見えない。影が生きているように見え、灰色のグラデーションだけで完成された絵は白黒写真のような、墨絵のような、類稀なる神業だ。

クリスティーナは孤独に包まれている。最初はきっと、モデルになるのを嫌がっただろう。《アンナ・クリスティーナ》(習作)では、彼女は窓の前に座っていて、不自由な脚を膝掛けで包(くる)み、外を見ている。テーブルの上には正体の分からない黒い物体が視野を妨げているかもしれない。窓がわずかに描かれ、光は戸口からも入ってくるので、クリスティーナの顔まであえかに明るくする。ワイエスは、遠慮したかのように、クリスティーナではなく、その扉を作品の前面に置き、光が彼女に強く当たらないようにした。悲しい表情を見せるクリスティーナの頬を優しく撫でただけだ。
安藤忠雄が設計した地中館「地中の宝石箱」へ降りると、第5章<《クリスティーナの世界》への道程>に進む。そこには、菫色の空を反射するモネの《睡蓮》に背を向け、無力な脚を横に伸ばし、骨ばった腕で身体を支えるクリスティーナがいた。
本作では、彼女はそのポーズで緩い斜面の丘の芝生に座っている。今回展示されたどの作品でも見られない鮮やかな緑の芝生。右上の角、狭い帯のような空に押し付けられたオルソンの家が灯台のように佇んでいる。オルソンの家にしか広がることのないクリスティーナの世界。
ワイエスは風に髪がなびくクリスティーナを眩暈(めまい)するほど明るく広い芝生に座らせ、自由にさせようとした。
その世界は画家自身に名声をもたらした世界でもある。
ワイエスの墓碑は絵に描かれた丘の麓に建てられた。
オルソンの家を永遠に眺められるように。

(2024/12/15)

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Andrew Wyeth e l’ossessione per Casa Olson

Asahi Group Oyamazaki Villa Museum of Art
2024/9/14~12/8

Text and photos by Cristian Cicogna

 

Una mezza stagione del 1939. Maine, costa occidentale degli Stati Uniti. In un bucolico paesaggio di campagna un vecchio casolare solitario sorveglia la piana come una sentinella. Lunghe nuvole azzurrine, che corrono a perdifiato in un cielo anemico, tingono di varie sfumature il verde smisurato. Anche il legno dell’edificio riluce di una sinistra ombra bluastra.
Una macchina avanza barcollando sulla strada sterrata. Suono sordo di pozzanghere pestate dai pneumatici. Il guidatore si ferma a una certa distanza dal casolare e scende dalla macchina. Non un’anima in giro. La ragazza che lo accompagna ammira il paesaggio estasiata.
Lui è un giovane pittore sconosciuto. Tira subito fuori il cavalletto, lo sistema sul cofano, scatenando l’ilarità della ragazza, e comincia lo schizzo a matita sul foglio di carta spessa.
Quando lei si avvicina e gli dà un bacio sul lobo dell’orecchio, lui si limita a sorridere.
Ma come prende in mano il pennello e inizia a diluire gli acquerelli, si fa serio, aggrotta le sopracciglia e sprofonda nel proprio mondo. Lei conosce bene quell’espressione, è una delle cose che l’ha fatta innamorare di lui. Per tanto, finché Casa Olson non viene completato, passeggia nei dintorni, resta in macchina a fumare.
Lui, 22 anni, si chiama Andrew Wyeth. Lei, Betsy James, l’anno dopo diventerà sua moglie.

Andrew Wyeth (1917-2009): uno dei maggiori esponenti del realismo americano del XX secolo.
Quello che la mia fantasia ha cercato di descrivere è il suo primo incontro con Casa Olson. O per meglio dire, l’incontro con Christina e Alvaro Olson, la cui proprietà, su cui spiccava il casolare con quasi 150 anni di storia, non distava molto dalla residenza estiva degli Wyeth.
La trentennale frequentazione con i due fratelli ha ispirato numerosissime opere del pittore, fra cui Il mondo di Christina, considerato il suo capolavoro.
La mostra presso il Museo Villa Oyamazaki vede l’esposizione di circa 60 opere fra preziosi acquerelli e schizzi (tra cui lo studio preparatorio per Il mondo di Christina) provenienti dalla collezione del Marunuma Art Park di Saitama. La scelta del periodo autunnale non è certo casuale, anzi sfrutta al meglio il potenziale del foliage dell’enorme giardino che circonda la Villa, situata sulle pendici del Monte Tennōzan.
Superato il passaggio a livello della stazione di Yamazaki sulla linea JR che collega Osaka a Kyoto, proseguendo per una ripida salita dove le case si fanno sempre più rade e le fronde degli alberi restringono il cielo, si viene man mano avvolti nella natura. Un cancello in ferro battuto di foggia occidentale seguito da una breve galleria segna come il passaggio in un’altra dimensione e si rimane davvero a bocca aperta davanti a un palcoscenico in cui il foliage è il protagonista assoluto. Le foglie degli aceri sembrano dipinte da abili tratti di pennello sul cielo slavato. La solenne atmosfera dei sempreverdi, la vaga tristezza del marrone aranciato delle sequoie, la luce di un giallo quasi innaturale che emanano gli alberi di gingko: un vero e proprio pot-pourri di colori. Le ragnatele trafitte dai raggi di un sole che fa capolino tra le nuvole brillano come merletti dorati, il muschio sulle rocce del giardino si trasforma in giada. I fiori tsuwabuki dal gambo contorto e i petali giallo canarino aperti a più non posso sembrano gridare rammaricati: guardate anche qui, non solo in alto!

Villa Oyamazaki, il cui nucleo originario risale a circa un secolo fa, ha mantenuto l’aspetto occidentalizzante voluto dal suo fondatore. La vista che il terrazzo al primo piano regala sul laghetto protetto da un ombrello di aceri in fiamme è impareggiabile. All’interno, solidi neri tronchi nodosi per colonne portanti, camini e un’esposizione permanente di ceramiche. Le bianche pareti ospitano le opere di Wyeth, dando la sensazione di essere dentro Casa Olson.
Con mia grande sorpresa, il rosso, come se l’autunno avesse esaurito il pigmento per tingere tutti gli aceri là fuori, è quasi assente dalla tavolozza del pittore. I fogli sono di grandi dimensioni, spesso verticali. E che precisione nei dettagli!
Il canestro sulla porta del ripostiglio: il buio che esce dallo stanzino si riversa come un liquido nella cesta, il cui lato esterno è bagnato da una luce bianca proveniente da una fonte esterna al disegno. Un contrasto creato con brevi tratti biancheggianti che fanno pensare ai tocchi di bacchetta magica di Vermeer. Ma una simile accuratezza è realizzabile con la tecnica dell’acquerello?
Travi e assi sul sottotetto di una soffitta svelate dalla luce di una piccola finestra: Rondini nella soffitta di Casa Olson dovrebbe essere preso come modello del realismo. Superfluo aggiungere che si percepisce anche il garrito delle rondini.
Dal Sacco di cereali appoggiato contro il muro di una stanza in penombra sembra quasi che il contenuto stia per cadere a terra.
Nello studio per Brezza dal mare, le sottili tende bucate, gonfiate dal vento che entra dalla finestra spalancata, sono talmente reali da sfiorare il viso di chi guarda il disegno.
Se su ogni targhetta non fosse scritto ‘watercolor on paper’, si stenterebbe a credere di trovarsi davanti a degli acquerelli. I tocchi estremamente precisi e delicati che delineano alcuni oggetti da lavoro stanno accanto alle grossolane pennellate del paesaggio campestre o delle pareti degli interni, ma la cosa sorprendente è come il disegno acquisti equilibrio da tale contrasto di stesura del colore. Anche la struttura delle composizioni mostra grande abilità. Osservati a una certa distanza, sembrano ingrandimenti di foto scattate con una reflex analogica.

Nero, marrone scuro, verde oliva e bianco spiccano sulle altre tinte. Non il bianco del foglio lasciato vuoto, ma piuttosto un avorio non levigato.
Il gabbiano spaventapasseri a guardia di un campo di mirtilli: la vittima sacrificata pende appesa a un lungo palo infilzato nel terreno, il nero del becco e della punta delle ali rivolti verso terra a pungere lo sguardo come una lama. Il cielo sbiadito sullo sfondo appare come un sudario sgualcito. All’orizzonte il ghigno dei tetti di Casa Olson.
Il casolare è una presenza quasi ossessiva nei disegni di Wyeth. Casa Olson nella nebbia sembra sprofondare nel prato che occupa metà del foglio. La nebbia ne cancella le pareti, schiaccia i camini, intride le assi di umidità. Il legno geme, e va marcendo.
Dentro questo mondo, talvolta cupo, lampi di colore entrano in scena all’improvviso, illuminando un dettaglio.
Davanti allo studio per Mirtilli per la crostata si rimane di nuovo ammirati di fronte alla tecnica dell’artista. La parete che fa da sfondo, se pur dipinta con larghe pennellate approssimative, mostra la lucentezza di una ceramica smaltata di vernice oribe: una sfumatura di più verdi, semplice ma profonda come un haiku. Solo metà del cesto, pieno fino all’orlo di mirtilli, emerge dall’ombra scurissima del muro e la parte illuminata non è che una macchia informe di un blu indeciso, tendente al cobalto, ma con tratti cilestrini. La tridimensionalità è resa magistralmente da puntini bianchi sparsi sulla superficie di alcune bacche. Il filo d’acqua che vi sgorga direttamente da un tubo senza rubinetto che sbuca dal muro, proprio al centro del disegno, attira l’occhio e fa quasi sorridere.

Anche Christina e Alvaro si sono prestati a fare da modelli.
Il senso della prospettiva in Alvaro e altri a raccogliere mirtilli è degno di una ripresa cinematografica. In primo piano felci e bassi arbusti, al centro il profilo del proprietario messo in risalto dalla coppola e la pipa contro il cielo incolore. Lo spazio tra il capo lievemente inclinato dell’uomo e il terreno è occupato dalle figure rimpicciolite di due lavoranti che danno l’impressione di allontanarsi progressivamente. Alle spalle di Alvaro incombe l’immancabile presenza della casa, come un fardello da sostenere.
E l’opera Alvaro seduto sull’uscio testimonia il suo indissolubile legame con l’antico casolare in cui vive con la sorella maggiore. L’uomo è seduto sul gradino della porta che mostra i segni del tempo. La pipa in bocca, lo sguardo perduto in un punto lontano, appare stanco e taciturno, forse dopo una giornata di raccolta dei mirtilli. O sarà preoccupato per la manutenzione che la casa ciclicamente richiede?
Nel disegno l’edificio è tagliato obliquamente all’altezza del primo piano. Le assi della facciata sono delineate in maniera minuziosa e le linee che spingono dall’angolo basso a sinistra a quello alto a destra vanno via via divaricandosi. Nonostante ciò, la casa appare solida, non sbilenca. Un’infinita tonalità di grigi dà vita a ombre che sembrano quasi muoversi. Una resa straordinaria, comparabile a una foto in bianco e nero o a una pittura a inchiostro.

Christina galleggia in una bolla di solitudine. Con molta probabilità in un primo momento sarà stata restia a farsi ritrarre. Nello studio per Anna Christina, la si vede seduta, le gambe poliomielitiche avvolte in una coperta, davanti a un tavolo ingombro di imprecisati oggetti neri, gettare uno sguardo spento oltre la finestra che le sta davanti. La finestra compare solo per metà nel disegno, mentre la porta d’ingresso spalancata fa entrare una luce che a malapena raggiunge il volto della donna. Mettendo al centro della composizione la porta e non lei, è come se il pittore avesse voluto rispettarne la riservatezza, evitando di illuminarla in modo diretto. Una dolce carezza sulla guancia, a lenire l’espressione malinconica.
Se si scende nel Jewelry Box annex sotterraneo disegnato da Ando Tadao, si arriva al quinto e ultimo capitolo della mostra: La via verso Il mondo di Christina. Lì sotto, dando la schiena al roseo laghetto di ninfee di Monet, con le gambe malate allungate da un lato e sostenendosi con le braccia ossute puntate sul terreno, c’è Christina.
Nell’opera originale, la donna siede nella medesima posa sul prato di una morbida collina. Un prato soleggiato di un verde chiaro non ritrovabile in nessun altro dei disegni esposti. Nell’angolo a destra, contro un cielo stretto come un obi, Casa Olson, il suo faro. Perché tutto il mondo di Christina è Casa Olson.
Wyeth l’ha voluta lì, i capelli mossi dal vento, in mezzo a un prato così vasto e luminoso da provocare le vertigini. L’ha fatta sedere lì, per regalarle la libertà.
Ma è anche il mondo che gli ha dato fama.
La lapide del pittore si trova proprio ai piedi della collina della sua opera più celebre.
Per poter ammirare in eterno Casa Olson.

(15/12/2024)