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名付けようのない踊り|チコーニャ・クリスチアン

名付けようのない踊り
犬童一心監督による田中泯の踊りとその概念を記録したドキュメンタリー
    →Italian Version

監督:犬童一心
出演:田中泯/石原淋/中村達也/大友良英/松岡正剛
配給:ハピネットファントム・スタジオ(2021年/日本/114分)

Text by Cristian Cicogna

雲は水の停留所だ。
田中泯

空気の澄んだ早朝。頂が若紫色に染まった富士山が目を覚ましたばかりの単眼巨人のように辺りを見下ろしている。鳶(とんび)が鳴きながら輪を描いて飛び、差し込む朝陽が萌黄(もえぎ)色の光で耕作地を潤す。
山梨の人里離れた地域に一人の男が暮らしている。ダンサーであり、俳優であり、農家でもある。名を田中泯(みん)と言い、名付けようのない踊りを踊る。

田中泯は1945年3月10日大空襲の日に東京で生まれた。
アングラ演劇が盛んだった60年代、モダンダンスを習い始め、舞踏家の土方巽(ひじかたたつみ)との出会いが彼の人生に転機をもたらした。
土方巽の踊りに心を打たれた田中泯はあることに気づく。土方の踊りは美しいけれど、土方にしかできない。自分は自分の踊りを見つけなくてはならない。
試行錯誤の末、1978年に最高の舞台であるパリでデビューを果たした。演出家のジャン=ルイ・バローが催す演劇祭で、1972年に早稲田小劇場の鈴木忠志とその看板女優の白石加代子がヨーロッパの観衆に衝撃を与えた同じ場所だ。そこで、田中泯は裸体にこだわり、独特なパフォーマンスを披露し、観客を驚かせ、評論家を魅了した。
評価の定まった作品を再演したり、パリで学校を開いて一つの流派を作ったりして有名になると、追従者が出てくる。そんな「甘い誘い」に応じることなく、田中泯は同じ踊りを別のところではしないと決め、現在まで自分の道を歩いてきた。

犬童監督の『名付けようのない踊り』は田中泯のキャリアを振り返るドキュメンタリーだけではなく、彼の人生そのものを撮った映画で、美しい景色の映像に加え、田中泯のダンスの過程や発想を本人の口から引っ張り出すインタビューでもある。
山村浩二による味のあるデッサン画のようなタッチのアニメーションが幼い頃のエピソードを語る。
記録はポルトガルのサンタクルスから始まる。
黒光りする石畳の狭い路地。田中泯はある民家の階段に座って、扉に凭(もた)れている。半ズボンにタンクトップ姿で日に焼けた肌と白頭(はくとう)は著しい対照をなす。座ったまま彼は「始まりのダンス」を披露する。音楽なしで。だが、彼自身は聞いているのだろう。音楽を。あるいは、音ではない何かを。そして、石畳に仰向けに倒れ、手足を空に向けて、ゆっくりと身体(からだ)を動かす。矛盾に聞こえるかもしれないが、その僅(わず)かな動きはそよ風が揺する静物に見える。
自分の中に流れるリズムに従って、トランス状態で踊る。周りのことは全く気にならない。通りがかった地元の人らしい二人の若い女性は様子をちらっと見て足を止めることさえしない。
しかし、多くの場合は大勢の人が彼の独創的な踊りを見たり、撮影したりしに集まってくる。
名付けようのない踊りと言われても、田中泯のパフォーマンスは「場踊り」と呼ばれる。
外国の首都の有名な広場、ドラマーの中村達也による激しい演奏が柱を震わせる能舞台、美術館の入り口となる大理石の階段、大木がそびえる公園、渋谷のスクランブル交差点、ステンドグラスから深紅(しんく)の光が降りそそぐゴシック様式の教会、日の出が間近に迫る砂浜。
このような「場で」踊るというよりも、「場を」踊るのが田中泯の特徴だ。森を踊る。教会を踊る。砂浜を踊る。
色褪せたキャップをかぶり、汗ばんだ、乱れた浴衣を直さず、裸足でも、スニーカーや下駄を履いていても、音楽が流れていなくても、とにかく踊る。目がうっとりと遠くを見やっている時もあれば、ずっと目を閉じている時もある。
「ダンスは所有できない。ダンサーと観ている人の間に生まれてくる」と田中泯が言う。しかし、我々が知らない、つかみようのない肝心な何かを彼はすでに手に入れているように見える。

極端な「場」を選んだこともある。
ゴミの最終処分場だった東京都の夢の島で裸体になってゴミの中で踊った。
また、何もないコンクリート打ち放しの部屋の床を油で満たし、大きな四角い、真っ黒な水たまりを舞台にした。上半身裸の田中泯は水たまりの真ん中に座っている。目に見えない紐に縛られているような身体(からだ)が緊張感を保ったまま踊るが、非常にゆっくりした動作のため、様々なポーズを取っても油は波立たない。頭を油に突っ込み、顔を上げると、油が顔の深い皴(しわ)を伝(つた)って、胸にしたたり落ち、腹筋を際立たせる。油面に映る身体はまるで静かな湖に浮かぶブラックスワンのようだ。それとも、鍛冶(かじ)の神、天津麻羅(あまつまら)が鍛冶場の炉から取り出したばかりの像だろうか。
虫になることもある。まるで『変身』の主人公のように。
子供の頃、遊び友だちがいなかったので昆虫が友だちだったと田中泯は語る。だから、「バクテリアの速度を感じて踊ってみる」と彼が言うのを聞いて納得した。
父親の古びた黒いコートを着て、毎年田中泯が訪れる場所がある。津波の傷跡が残ったままの福島県の小さな村だ。潰れた建物の瓦礫の間に蜘蛛(くも)の巣を張った大きな蜘蛛を発見し、嬉しくなって独りで踊り出すシーンが印象的だった。

再び、ポルトガルのサンタクルス。
田中泯は最初と同じ民家の階段に座っている。「終わりのダンス」が「始まりのダンス」と重なる。目を閉じて、海の呟(つぶや)きに心が奪われ、踊っているのだろう。きっと素晴らしい世界を見ているに違いない。そして、目を開くと、地球に戻ってきたような温和な表情を浮かべながら、「脳みそが海に沈んでゆく感じ…幸せだ」と囁(ささや)く。
ラストシーンでは、太平洋に面した砂浜を歩く田中泯の姿を高台からカメラがとらえている。小麦色の砂に深く刻まれる足跡は古代文明が残した判読不明の文字のようだ。白く泡立った波がその足跡をあっという間に消してしまう。田中泯の足取りの秘訣を盗もうと企んでいるかのように。

(2022/3/15)

 

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Una danza impossibile da definire (Tanaka Min e la sua danza)

Documentario del regista Inudō Isshin sul danzatore Tanaka Min e la sua concezione di danza
Interpreti: Tanaka Min / Ishihara Rin / Nakamura Tatsuya / Otomo Yoshihide / Matsuoka Seigō
Distribuzione: Happinet Phantom Studios (2021, Giappone, 114′)

Text by Cristian Cicogna

Le nubi sono il luogo di sosta dell’acqua.
Tanaka Min

Il cielo terso del primo mattino. Il monte Fuji, la cima innevata tinta di un rosa acceso, sembra un ciclope destatosi da poco che scruta il paesaggio ai suoi piedi. Nibbi planano in ampi cerchi emettendo il loro stridulo verso, mentre il sole appena sorto irriga i campi di una luce verde dorata. In questa sperduta campagna nella prefettura di Yamanashi vive un danzatore che fa anche l’attore, ma è anche contadino. Il suo nome è Tanaka Min; impossibile da definire è, invece, la sua danza.

Tanaka Min è nato a Tokyo il 10 marzo 1945, durante uno dei massicci raid aerei con ordigni incendiari dell’aviazione americana che distrussero la capitale.
Comincia a studiare danza moderna negli anni Sessanta, nel fervido clima del teatro d’avanguardia che spopola all’epoca. L’incontro con il coreografo e danzatore di butō Hijikata Tatsumi (1928-1986) segna un punto di svolta nella sua vita. Colpito dal suo modo di danzare, Tanaka Min si accorge di una cosa: la danza di Hijikata è straordinaria, ma inimitabile. Si rende conto che deve trovare la propria danza.
Nel 1978 finalmente il debutto. E sulla scena più prestigiosa: Parigi. Al festival di teatro organizzato dal regista Jean-Louis Barrault, sul medesimo palcoscenico dove nel 1972 Suzuki Tadashi del Piccolo Teatro Waseda e la sua attrice-simbolo Shiraishi Kayoko hanno sconvolto il pubblico europeo, Tanaka Min danza completamente nudo e rasato, in modo assolutamente originale, suscitando la sorpresa della platea e l’interesse della critica.
Il successo è tale che compaiono i primi adulatori. Potrebbe portare in tournée degli spettacoli definiti, o aprire una scuola a Parigi che perpetuerebbe il suo metodo rendendolo famoso. Invece Tanaka Min, che non propone mai la stessa performance in due luoghi diversi, ignora quelle ‘facili sirene’ e da quel momento intraprende un cammino solitario che è proseguito fino ad oggi.

L’opera di Inudō Isshin non è semplicemente un documentario che ripercorre la carriera di Tanaka Min, ma piuttosto un film, sorretto da una fotografia di rara intensità, sulla sua intera vita, un’emozionante intervista in cui l’anziano danzatore mette a nudo sé stesso e la sua concezione di danza.
Inoltre l’animazione dai tratti semplici, ma molto efficace, di Yamamura Kōji racconta alcuni episodi del Tanaka bambino.
Le riprese cominciano dalla località portoghese di Santa Cruz.
Una viuzza di lucidi ciotoli scuri, brillanti nella luce mattutina. Tanaka Min è seduto sullo scalino di una casa, le spalle appoggiate a una porta di legno verde scuro. Pantaloncini corti e canotta, la pelle abbronzata fa risaltare il pizzetto e i capelli canuti. Rimanendo seduto, esegue la ‘danza d’inizio’. Niente musica. Ma forse lui la sente. O magari sente qualcosa che non è nemmeno suono. Poi lo ritroviamo a terra, la schiena sul selciato, gambe e braccia tese verso l’alto, ma i movimenti sono lentissimi, quasi nulli. Può sembrare una contraddizione, ma dà l’impressione di una natura morta scossa da una brezza lieve.
Seguendo un ritmo tutto suo, danza come in trance. E nulla di quello che gli accade intorno lo distrae, lo disturba. Due giovani ragazze, probabilmente del posto, gli passano accanto, gli danno un’occhiata di traverso, proseguono senza fermarsi.
Tuttavia, nella maggior parte dei casi, la folla si ferma incuriosita ad osservare, telefonino alla mano, il suo decisamente peculiare modo di danzare.
Una danza che, citando il titolo del film, risulta impossibile definire. Comunque le performance di Tanaka Min vengono chiamate ba odori, letteralmente ‘danza sul luogo’. La celebre piazza di una capitale straniera; un palcoscenico di teatro , accompagnato dall’esecuzione del noto batterista Nakamura Tatsuya, che ne fa vibrare le colonne di legno; la scalinata di marmo all’ingresso di un museo; un parco dove giganteggiano alberi dai maestosi fusti; l’iconico incrocio di Shibuya, nel cuore di Tokyo; una chiesa gotica dalle cui vetrate penetra una luce purpurea; una spiaggia dove sta per sorgere il sole.
La magia delle performance di Tanaka Min consiste nel fatto che più che danzare su questi luoghi, lui riesce a danzare questi luoghi. Lui danza il bosco, lui danza la chiesa, lui danza la spiaggia.
Un berretto sbiadito ben calcato in testa, lo yukata bagnato di sudore e discinto, ma che non si preoccupa di sistemare, a piedi nudi, con le scarpe da ginnastica o calzando i geta, con la musica o senza, ad ogni modo lui danza. A volte con lo sguardo fisso, perso in un punto lontano, altre con gli occhi ostinatamente chiusi.
‘La danza non si possiede; la danza nasce nello spazio tra chi la esegue e chi la osserva’,  afferma Tanaka Min. Tuttavia l’impressione è che lui sia riuscito a raggiungere qualcosa di essenziale che per noi è impossibile sfiorare, se non addirittura comprendere.

In alcune occasioni ha scelto luoghi estremi per le sue esibizioni.
Ad esempio, ha danzato nudo su cumuli di rifiuti a Yumenoshima, che a partire dagli anni Cinquanta ha costituito per circa un ventennio la discarica a cielo aperto di una Tokyo in vertiginoso sviluppo, e ora trasformata in un parco.
Oppure, in uno spoglio seminterrato di cemento, il pavimento riempito interamente di petrolio: una nera, quadrata pozzanghera a fungere da palco. Tanaka Min, con indosso solo dei pantaloni, vi sta seduto in mezzo a busto eretto, le gambe piegate all’indietro, i muscoli tesi, come se il corpo fosse legato e fosse tirato da una fune invisibile a cui faccia resistenza. E danza, ma con movimenti quasi impercettibili, in un modo così lento che non provoca onde sulla superficie oleosa. Poi si china, affondando mezza testa nell’olio, e quando solleva il busto, viscide gocce nere scorrono nelle profonde rughe del volto, scendono lungo lo sterno e scivolano sugli addominali tesi al massimo, facendoli luccicare. Il corpo riflesso perfettamente sulla superficie lustra sembra un cigno nero in posa su un lago immobile. O ancora, una forma appena uscita dalla fucina di Amatsumara, divinità del fuoco della tradizione shintō.

A volte diventa un insetto. Proprio come il protagonista della Metamorfosi di Kafka.
Racconta Tanaka Min che da piccolo, avendo difficoltà a legare con gli altri bambini, gli piacevano molto gli insetti, che considerava come amici. Quindi può non sorprendere la sua affermazione di ‘voler danzare alla velocità dei batteri’.
C’è un luogo dove, indossato l’ormai consunto cappotto che era stato di suo padre, si reca puntualmente ogni anno. Un piccolo villaggio nella prefettura di Fukushima, o meglio, quel che ne è rimasto dopo lo tsunami dell’11 marzo 2011. Tanaka Min si aggira tra le macerie di una casa e, scovata una enorme ragnatela dove un grosso ragno ha intrappolato la preda, tutto contento si mette a danzare. Silenzioso, solitario, nel suo nero cappotto sbottonato, ragno anche lui. Una scena toccante.

Di nuovo Santa Cruz.
Tanaka Min è sempre seduto sullo stesso scalino, sempre appoggiato alla stessa porta. La ‘danza finale’ si sovrappone alla ‘danza d’inizio’. Gli occhi chiusi, probabilmente sta danzando mentre ascolta ciò che gli bisbiglia il mare. Senza ombra di dubbio ha davanti una vista meravigliosa. Quando riapre gli occhi, sul volto l’espressione serena di chi ha fatto ritorno a questo mondo dopo aver visto qualcosa di molto bello, mormora: ‘È come se il cervello fosse finito in fondo al mare… Mi sento felice’.
Nell’ultima scena, senza suono, la cinepresa riprende da lontano e da un punto elevato Tanaka Min che cammina da solo sulla spiaggia baciata dall’Oceano Atlantico. Le orme profonde che si succedono sulla soffice sabbia ocra sembrano i caratteri di una civiltà estinta, ormai indecifrabili. Onde lunghe, bianche di spuma, cancellano in un attimo le impronte, come a volersi impossessare del segreto celato nei piedi di quel danzatore di una danza impossibile da definire.